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Ponte Sisto

Le Origini, i Perché …i Dubbi.

Ponte Sisto:  La pittura ci restituisce il ponte tra le due sponde prima che i muraglioni deturpassero un fascino antico ed un rapporto col fiume che si è perso da allora

Ponte Sisto tutt’ora è un ponte dal fascino antico che ne suggerisce origini e storia…e la mostra dell’Acqua Paola che gli fa da quinta venendo da Regola, ne esalta le suggestioni per chi entra a Trastevere , vederlo di sfondo al Tevere dai ponti adiacenti , da invece quel pizzico di antico e storico che manca ai medesimi (Garibaldi e Mazzini).

Vista da Ponte Garibaldi, la differenza con il dipinto è palese, ma lo sguardo regala sempre una grande emozione.

Nel corso della sua storia il ponte assunse  diverse denominazioni; Antonino, Aurelio, Gianicolense, Valentiniano, Rotto, in Onda, ognuna  rispondente a specifiche ragioni .


Le origini del ponte sono sempre state soggetto di  dibatto negli anni: alcuni lo identificavano  come   restauro e rifacimento del ponte ligneo costruito da Vipsanio Agrippa prima del 12 a.C. (anno della sua morte) per collegare Trastevere, dove qualche anno dopo Augusto avrebbe condotto l’acqua dell’acquedotto Alsietino per alimentare la Naumachia nei pressi dell’attuale S. Cosimato.

Ipotesi sul Ponte di Agrippa, a monte di Ponte Sisto, forse erano solo torrioni con una struttura lignea che lo collegava alle mura settimiane.

Altre ipotesi attribuiscono ad Antonino Pio la costruzione di un ponte ex novo in quel luogo nel 147 d.C.Dubbi e controversie riguardo l’origine del ponte ebbero nuovi spunti nel 1887, durante i lavori sui muraglioni del  lungotevere, vennero alla  luce dei cippi, databili intorno agli anni 40 d.C., in cui si accenna ad un certo ponte di Agrippa e le conclusioni a cui si giunse, furono che tale ponte  sarebbe dovuto essere situato proprio nel punto dove sorgeva ponte Sisto.

A poche decine di metri da ponte Sisto, il giardino pensile sui resti del manufatto Romano
Rara foto del 1864 ripresa dalla riva sinistra a monte di Ponte sisto, si vede l’arcata che dovrebbe appartenere al Ponte di Agrippa

Durante i medesimi lavori però, vennero rinvenuti, a circa 160 metri a monte di ponte Sisto, alcuni ruderi assimilabili a piloni di un ponte,  si credette quindi che proprio quelli fossero i resti dei piloni dell’antico ponte di Agrippa. Essi risultarono  molto obliqui rispetto alla sponda sinistra, ma perfettamente ortogonali ai demoliti giardini della Farnesina ed in congiunzione con assi viari che salivano al gianicolo tuttora esistenti.

Ponte Sisto visto da piazza omonima a Trastevere, di fronte Regola, il palazzo dei centopreti 1867

Malgrado ciò, rimaneva inspiegabile , posto che il ponte di Agrippa fosse crollato, perché Antonino Pio non avesse utilizzato almeno i suoi piloni per costruirvi sopra un altro ponte , edificando poi la nuova struttura solo 160 metri più in là. In fondo si era sempre parlato di otto e non nove ponti dell’età antica. Si giunse così ad una  convincente ipotesi che attribuisse i resti ritrovati a monte di Ponte Sisto , ad avanzi di manufatti difensivi di epoca tardo imperiale, qualcosa di simile a torrioni e catene che sbarravano il Tevere per non consentire l’ingresso dei nemici.

Incisione dove è visibile il torrione, rappresentato anche su acquarelli di Roesler Franz, vista da Ponte Sisto verso monte.

La tramandazione del nome di Agrippa , venne scemando per le  tante e tali modifiche che Antonino Pio apportò al ponte fino a potervi sovrapporre totalmente il suo nome. Ultime news riguardo alle modifiche apportate da questo imperatore al vecchio ponte preesistente, risalgono al 1939, quando venne rinvenuto un frammento di calendario del gennaio del 147 d.C., dove è citato un restauro ad opera dell’imperatore Antonino al ponte di Agrippa.

Sponda sinistra a monte di Ponte Sisto, si vede il palazzo dei Centopreti gia demolito e la fontana che verrà smontata e rimontata in sponda opposta, 1883 foto Fratelli D’Alessandri, avevano il loro studio nell’attico a sinistra che verrà demolito l’anno successivo assieme al resto.

Dissipando contestualmente anche i dubbi relativi alla paternità del ponte che essendo conosciuto anche con il nome di Aurelio, aveva fatto pensare all’Imperatore Caracalla mentre tale denominazione invece si riferiva al nome di Antonino Pio prima che diventasse imperatore.“Gianicolense” invece deriva dal fatto che il ponte conduceva verso quella parte della città così densamente popolata a causa della salubrità dell’aria; tanto che altri ponti antichi andavano verso il Gianicolo per  stesse ragioni.

1866, molini a valle di Ponte Sisto
1870 Chaffourier, mulini alla punta dell’Isola , di sfondo Ponte Sisto e la renella

Nel 366-67 l’imperatore Valentiniano compì un altro grande restauro al ponte ed inoltre fu eretto all’imboccatura un arco trionfale decorato da statue bronzee, i cui resti, ritrovati nel 1878 e nel 1892, ora sono al museo nazionale romano. In seguito poi il ponte fu probabilmente danneggiato molto violentemente dalla grande piena del 589-90 e finito di rovinare con la piena del 792. Per questa la ragione prese anche il nome di Fractus o Ruptus.

Ponte Sisto dalla suite dell’albergo omonimo a via dei Pettinari, non servono altre parole per questo affaccio…
Anni 60, mercatino del libro a Ponte Sisto.
Maggio 1966,mostra mercato a Ponte Sisto
Mercatino anni 70, il ponte a senso unico
Un altra immagina da “La bella di Roma”, dove oltre il ponte si vede il tram che sferragliava a lungotevere dei Vallati

Eccoci dunque, dopo lunghi secoli di decadenza  in pieno Rinascimento , ove in prossimità del grande Giubileo del 1475 per agevolare il flusso dei Pellegrini dalla riva sinistra del Tevere, cuore popoloso della Città, verso il Vaticano, papa Sisto IV (Francesco della Rovere) il 29 aprile 1473 pone la prima pietra per il rifacimento dell’antico ponte di Agrippa in disuso (la scena è riprodotta anche in un affresco dell’Ospedale di S. Spirito).

Nel Giubileo precedente del 1450 sul ponte Sant’Angelo c’erano infatti stati addirittura dei morti a causa del sovraffollamento.

Un aneddoto inoltre narra che quando Sisto IV era ancora Cardinale e risiedeva presso il Convento di S. Salvatore in Onda, giacché gli risultava scomodo arrivare fino a ponte S. Angelo per recarsi in Vaticano, promise a se stesso che, qualora fosse divenuto papa, avrebbe ricostruito il ponte diroccato che era proprio di fronte alla sua dimora.

L’opera di ricostruzione del ponte inoltre contribuì in larga parte alla valorizzazione del quartiere di Trastevere.

Nel 1956-57, a seguito di interventi di risanamento di Ponte Garibaldi, la linea elettrificata del filobus 75 fu deviata su ponte Sisto e qui ne abbiamo un raro scatto
Ponte Sisto da Lungotevere Raffaello Sanzio
Collezione Conte Primoli :”su e giu da Ponte Sisto,” 1885
Collezione Conte Primoli :”su e giu da Ponte Sisto,” 1885
Il ponte con le pensiline in ghisa, così come lo hanno conosciuto a Roma da fine 800

Resta ancora irrisolto il problema dell’identificazione dell’autore del progetto, caduta l’attribuzione Vasariana all’architetto fiorentino Baccio Pontelli (c.1450-1492) giunto a Roma solo dopo la sua costruzione. L’opera si inaugura per il giubileo del 1475, ma i lavori termineranno del tutto nel 1479. L’ampiezza del ponte fu ridotta a 6.40 m. a fronte dei 9 m. dell’antico ponte di Agrippa.I fondi per l’esecuzione dei lavori furono ricavati da un lascito ai Domenicani di S. Maria Sopra Minerva elargito dal cardinale Giovanni di Torrecremata, zio di Sisto IV; si narra anche che parte del denaro impegnato fu reperito dalle gabelle imposte alle cortigiane di Roma.

Sordi e Verdone dul set de “in viaggio con Papà”, Ponte Sisto durante un restauro anni 80 e la epigrafe ben visibile
Le vecchie targhe riposano nel museo ma la iscrizione è stata inserita nei nuovi parapetti post 1999
Carboncino anni 50, ponte Sisto con le pensiline

Alle estremità, verso la città, vennero poste due iscrizioni: “1475. Tu che passi per merito di Sisto IV, prega il signore che ci conservi lungamente e in buona salute il pontefice ottimo massimo. Vai in pace chiunque tu sia dopo che avrai recitato questa preghiera ” e poi “Sisto IV pontefice massimo, ad utilità del popolo romano e della moltitudine dei pellegrini che parteciperà al Giubileo questo ponte, che a buon diritto chiamavano ‘Rotto’, rifece dalle fondamenta con grande cura e spesa e volle che dal suo nome fosse denominato Sisto”. L’opera compiuta da Sisto IV non si rivelò profondamente salda e stabile, giacché fin dal 1564 si riscontrano varie insistenze del pontefice (Pio IV) presso il Comune Capitolino affinché si provvedesse al restauro del ponte Sisto che, contrariamente alle aspettative, già minacciava rovina. Inizia quindi un periodo di rimpallo fra Comune e Camera Apostolica, poiché la disputa riguardo la competenza sui ponti e sulle porte della città era stata da sempre vivace e attiva.

Pulitura dell'”occhialone” come viene affettuosamente chiamato l’oculo del ponte, indice naturale di piene eccezionali qualora venga raggiunto dal fiume
Il fascino del Ponte con i vecchi lampioni arancio, oggi i led hanno accoltellato questa atmosfera senza nessuna ragione
Marzo 2015, le luci del regista Sam Mendes, per “Spectre”, così dovrebbe essere questo ponte, ma ..i led hanno di sicuro arricchito qualcuno che se ne frega del fascino.

Il Vaticano auspicava di esercitare il controllo e l’ingerenza, cercando però di delegare le spese dei lavori al Popolo Romano e quindi al Comune….Dopo qualche tempo il Papa fece cenno ad una contribuzione economica per il consolidamento della struttura e alla fine di questa diatriba l’opera fu affidata al Vignola e l’esecutore materiale fu Matteo di Castello. Fu rinforzato principalmente uno dei piloni che rischiava di crollare. I lavori di ripristino ebbero inizio il 23 gennaio e terminarono nell’agosto 1567. Ancora un altro restauro venne avviato nel 1598 da Clemente VIII e riguardò il lastricato ed i parapetti del ponte, danneggiati dalla inondazione del Tevere dello stesso anno.

Luna piena nel….”estate Romana” di metà 800, Roma..questo era…
Passando Ponte a metà 800…

Dopo la grande piena del 1870, si fece strada l’idea di abbattere ponte Sisto, tanto che nel 1875 il Consiglio Superiore dei Lavori pubblici suggerì di demolirlo e di ricostruirlo con arcate più larghe. Invece nel 1877, considerando che il traffico verso Trastevere era in continuo accrescimento e nel percorso fra ponte Castello e l’Isola Tiberina erano presenti solamente il ponte dei Fiorentini e ponte Sisto, si decise di effettuare un ampliamento della viabilità del ponte fino a 11 m., aggiungendo due marciapiedi pensili in ghisa poggiati su otto giganteschi mensoloni per parte, fissati alle facciate esterne del ponte, e dei parapetti traforati a losanghe. I lavori di ampliamento terminarono nel 1877. Questa aggiunta allo storico monumento fu considerata da molti nel corso degli anni uno scempio architettonico, la satira Romana creo’ vari nomi e nomignoli al riguardo.  Messo a dura prova dal traffico veicolare durante gli anni ’60 , ci fu una prima idea di pedonalizzarlo, adibendolo ad una specie di mercatino per la vendita di libri ed altri oggetti di antiquariato.

Ponte Sisto, Fontana e Fontanone..un tris prospettico imbattibile.

Dopo oltre venti anni (1977-1998) di dibattiti e indagini e l’istituzione di un’apposita Commissione, fu affidato a Gaetano Miarelli Mariani il progetto di restauro del ponte che  comportò la rimozione delle strutture metalliche ottocentesche e la realizzazione di nuovi parapetti. E’ stata così recuperata la leggibilità dell’architettura quattrocentesca: il parapetto ricostruito ripropone il ritmo specchiatura in cortina laterizia – pilastrino in travertino di cui si conservano ancora alcuni lacerti originali.

Una immagine estratta da “la bella di Roma”, ci regala il ponti coi lampioni rimasti così fino a fine anni 50, le colonnine e le bitte di marmo a protezione delle scalinate che accedevano alle pensiline in ghisa

Le due lapidi di Sisto IV collocate a memoria della costruzione del ponte, che rischiavano di essere compromesse per la delicatezza della materia dal degrado avanzato, sono state rimosse per essere musealizzate; al loro posto, sui nuovi parapetti antistanti via Giulia è stata eseguita la trascrizione dei testi.

Il Ponte di Michelangelo (mai costruito)

Arco dei Farnesi 1913

Ponte di Michelangelo, doveva sorgere a via Giulia, ma non fu mai costruito, oggi si vede solo l’arco dei Farnese, che era la prima arcata del ponte. Il ponte di Michelangelo è un ponte non finito, è rimasto nella sua fase iniziale.

Fu Michelangelo ad ipotizzarne una edificazione ambiziosa, e nella sua idea doveva essere un vero e proprio ponte, che avrebbe congiunto palazzo Farnese con i giardini che  questi possedevano sull’altra sponda del Tevere.

Da fonti attendibili pare che Michelangelo volesse farne una sorta di Ponte Vecchio con due piani stradali sovrapposti ed edificati sino al collegamento con la sponda dei giardini Chigi

Oggi si chiama la Farnesina, e se fosse stato finito, sarebbe stato un ponte grandioso per chi veniva da Campo de Fiori. Ma purtroppo il ponte venne costruito solo per il primo tratto, nel 1603, ed è l’arco che oggi si vede a via Giulia, poco dopo Piazza Pallotti e la Fontana del Mascherone.

Questa fu invece un progetto dall’architetto Girolamo Rainaldi,  anche autore delle due fontane, identiche fra loro, che tuttora si trovano in piazza Farnese, ai due lati dell’edificio che oggi ospita l’ambasciata di Francia.

1883 demolizioni per i muraglioni a via Giulia

Inizialmente, la fontana era in parte pubblica ed in parte privata. Si adottò questa soluzione come contraccambio per l’importante quantità d’acqua Paola della quale papa Gregorio XVI fece dono, nel 1621, a Palazzo Farnese. Una curiosità: il giglio che anche oggi è posto in cima alla fontana, è che è il simbolo araldico della famiglia Farnese, era originariamente in travertino e solo nell’Ottocento fu sostituito con uno in ferro. 

Il Mascherone come era prima delle demolizioni per il Lungotevere
Da sempre ispirazione di dipinti e foto, il “Passetto Farnese collega le due sponde di Via Giulia.

Il ponte non venne terminato per la morte di Michelangelo, la sovrintendenza architettonica passò al Vignola e a Gicomo della Porta. Il ponte avrebbe comportato una spesa enorme, ed i Farnese avevano già speso molto per costruire e decorare il palazzo  nella omonima piazza. Questo disagio  economico venne aggravato da un terribile incendio del 1612, che distrusse librerie ed archivi preziosissimi, per cui non si pensò più a costruire il ponte di Michelangelo, ma solo a sistemare l’arco. A questo si aggiunse anche l’estinzione dei Farnese nel 1731 ed il passaggio del palazzo ai Borboni di Napoli, con la conseguente perdita di tutte le opere d’arte trasportate a Napoli, compreso il “Toro dei Farnese”, alla fine il palazzo fu ceduto alla Francia, venne riscattato dal Governo Italiano, ed oggi vi è la sede di rappresentanza diplomatica dell’Ambasciata di Francia che paga un affitto simbolico (un euro…).

Suggestioni antiche in questo scorcio tra Mascherone e l’arco dei Farnesi Ph by G.Mura

Pertanto del grandioso progetto di Michelangelo, rimane solo un arco a ricordo.

Fantasmi a Ponte Sisto

Un frame di un video su Ponte Sisto; fantasia e suggestioni, tra leggende e popolari credenze…

“Pimpaccia”: la storia di questo personaggio meriterebbe una Ficton più che un riduttivo film, tant’è irta di storie ed accadimenti la vita di quella che Pasquino, la voce parlante di Roma, etichettò così: “Chi dice donna, dice danno , chi dice femmina, dice malanno , chi dice Olimpia Maidalchina, dice donna, danno e rovina”.  Ma chi era poi “Donna Olimpia Pamphili”? (1592-1657
 al secolo Olimpia Maildachini, Nata a Viterbo da una famiglia di modeste condizioni.)

Cosa sarebbe Roma se a storia non aggiungesse doverose Leggende? Quella di Pimpaccia ormai sconosciuta, si è tramandata per secoli su questo Ponte.

…Era una ragazza ambiziosa ed arrivista, astuta ed anche belloccia, queste caratteristiche ne facilitarono la repentina ascesa sociale.
Fu lo stesso Pasquino a soprannominarla Pimpaccia, deformando in romanesco il titolo di una commedia assai famosa nel 1600, Pimpa, una donna come donna Olimpia, una donna furba e arrivista; da quel momento il soprannome le restò come una seconda pelle, accompagnandola per l’eternità; da un marito ricco ed uno nobile, da un cognato Papa… alle maldicenze che la volevano amante dello stesso e dedita a far la cresta su pellegrini e prostituzione, per sapere i segreti dei potenti che le frequentavano..

Il Ponte come lo vediamo oggi; contestualizzato tra sponde del medesimo travertino di cui fu rivestito, nel riassetto urbano è uno dei ponti che ha subito il minore impatto demolitivo, anche se il fascino delle case addossate ai suoi capi prima dei muraglioni è imparagonabile all’assetto Sabaudo stile Haussman

Ogni mezzo fu usato da Pimpaccia per arrivare sempre più in alto in un mondo di uomini..fino alla morte del Papa ed al suo essere invisa al successore, al punto  di scappare con una carrozza colma d’oro e argento da piazza Navona fino al gianicolo, per ritirarsi in quelle tenute viterbesi dove la peste l’avrebbe portata via come i comuni mortali… 

Si narra che in varie sere dell’anno il suo fantasma varchi ponte Sisto verso Piazza Trilussa in una carrozza incendiata, specie il 7 gennaio…noi da un video fatto proprio quella sera abbiamo estratto il fotogramma di un istante in cui un lampione si è spento e riacceso….fantasia o suggestione, ma l’impressione lascia spazio ad ogni leggenda seicentesca…

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